DEFINIZIONE: l’aneurisma è una dilatazione permanente di un tratto arterioso; normalmente si considera aneurismatico un segmento arterioso quando il suo diametro raggiunge il doppio di quello considerato normale. Tale patologia può interessare tutte le arterie dell’organismo ma più frequentemente il distretto aortico, iliaco, femoro-popliteo e, a livello viscerale, le arterie splenica, renale e mesenterica superiore ed il tripode celiaco. Più raramente sono interessati i distretti carotideo e succlavio o qualsiasi altra arteria.
Nel caso di interessamento dell’aorta, si parla di aneurisma quando la dilatazione ha dimensioni superiori al 50% del diametro normale (corrispondente nel maschio adulto di 60 anni, a circa 2 cm e nella donna di stessa età a dimensioni lievemente inferiori).

Aorta normale Aorta aneurismatica
FREQUENZA: il più frequente aneurisma è quello aortico o aortoiliaco sottorenale (85%); meno frequentemente l’aneurisma può interessare anche l’origine delle arterie renali. Ne è colpito il 3-6% della popolazione generale dai 65 ai 74 anni e più frequentemente il sesso maschile. La frequenza è aumentata, principalmente per il miglioramento delle tecniche diagnostiche e per l’allungamento della vita media dell’individuo.
CAUSE: la causa più frequente dell’aneurisma dell’aorta addominale è l’aterosclerosi anche se possono esservi altre cause tra cui pregressi traumi ed infezioni.
EVOLUZIONE NATURALE DELLA MALATTIA: l’evoluzione naturale dell’aneurisma è il progressivo aumento del suo diametro, con conseguente incremento del rischio di rottura. Maggiori sono le dimensioni dell’aneurisma e più rapida la sua crescita, più alto è il rischio di rottura. La rottura di un aneurisma del tratto aorto-iliaco o dei vasi viscerali è una evenienza drammatica che comporta la morte del paziente in elevata percentuale dei casi, anche se operati in urgenza.
Nella maggior parte dei casi all’interno dell’aneurisma possono formarsi trombi che si possono staccare ed essere trascinati dalla corrente sanguigna, andando ad occludere i vasi più piccoli (embolia) oppure questi stessi trombi possono organizzarsi provocando con il tempo l’ostruzione completa dell’aneurisma (trombosi); tali eventi si verificano piuttosto raramente negli aneurismi dell’aorta.
Complicanze meno frequenti sono la fistolizzazione (loro apertura) in visceri dell’apparato digerente (ad esempio intestino) o in altri vasi venosi (ad esempio la vena cava); tali complicanze sono gravate da elevata mortalità.
DIAGNOSI: la diagnosi è nel 75% dei casi casuale (visita, indagini ecografiche o radiologiche), può avvenire mediante visita medica (rilievo di massa pulsante) o mediante indagini diagnostiche eseguite anche per altri motivi (ad esempio ecografia, radiografia, TAC).
INDICAZIONI AL TRATTAMENTO: non sempre l’aneurisma deve essere corretto chirurgicamente.
Il trattamento chirurgico/endovascolare rappresenta la strategia più efficace in quanto la terapia medica non è per lo più in grado di prevenire o limitare l’evoluzione della malattia e le eventuali complicanze della patologia alle quali abbiamo fatto prima menzione.
Il trattamento nella maggior parte dei casi ha lo scopo di prevenire la rottura. Tale pratica deve essere rivolta a quegli aneurismi che presentano maggior rischio di rottura, trombosi, embolizzazione, pur essendo necessario fare un bilancio del rapporto rischio/beneficio, considerando l’età e la previsione di vita, lo stato e la funzionalità di tutti gli organi ed apparati, con particolare attenzione a quelli renale, cardiaco, cerebrale e respiratorio.
Inoltre, il trattamento è sempre indicato qualora l’aneurisma causa sintomi (dolore addominale e/o lombare, segni di compressione delle strutture circostanti, embolia e/o trombosi).
In presenza di aneurisma rotto o in fase di imminente rottura l’intervento urgente è a maggior ragione indicato in maniera assoluta seppur gravato da rischi molto più alti rispetto al trattamento in elezione.
Pertanto, la decisione se correggere o meno un aneurisma e con quale metodica avviene dopo la valutazione dei caratteri dell’aneurisma stesso e dello stato di salute generale del paziente. In definitiva per giungere alla decisione dell’intervento è necessaria una valutazione multidisciplinare che coinvolge non solo il chirurgo ma anche altre figure professionali.
Se alla fine dell’iter diagnostico non si ritiene il paziente suscettibile di trattamento e/o in caso di rifiuto del trattamento chirurgico da parte del paziente, è raccomandata comunque una sorveglianza dell’aneurisma stesso, stando bene attenti alla comparsa di eventuali sintomi che possono essere indice della sua evoluzione e comunque mediante indagini quale quella ecografica da eseguirsi a scadenze definite dallo specialista.
Nel caso di AAA, attualmente l’indicazione al trattamento in elezione si pone per aneurismi di diametro superiore ai 5,5 cm. Tuttavia l’intervento è indicato anche per aneurismi di diametro minore in particolari situazioni: rapido accrescimento, aspetti morfologici indicanti un rischio incrementato di rottura. Inoltre, il trattamento è sempre indicato qualora determini sintomatologia (dolore addominale e/o lombare, segni di compressione delle strutture circostanti, embolia e/o trombosi). In presenza di aneurisma rotto o in fase di rottura l’intervento urgente è a maggior ragione indicato in maniera assoluta se pur con rischi molto più alti che se eseguito in elezione.
TIPOLOGIE DI TRATTAMENTI: attualmente le possibilità di trattamento dell’aneurisma dell’aorta addominale, per cui esista l’indicazione al trattamento, sono rappresentate da:
a) intervento chirurgico tradizionale: attraverso l’incisione chirurgica dell’addome, si procede alla sostituzione dell’aorta aneurismatica con una protesi sintetica. Tale metodica rappresenta l’approccio più classico utilizzato da decenni per il trattamento di tale patologia che dà buoni risultati e del quale si conoscono validità e limiti nel tempo; tale procedura è gravata da complicanze che possono portare a morte il paziente, la cui incidenza si è attualmente ridotta al di sotto del 5%, ma che aumenta proporzionalmente con l’aumentare dei fattori di rischio (età avanzata, compromissione degli apparati cardiaco, respiratorio, cerebrale, renale). A seguito dell’intervento, anche in assenza di complicanze, il malato frequentemente necessita per l’intervento di trasfusioni e di ricovero post-operatorio in terapia intensiva
DOPO L’INTERVENTO
– E’ fondamentale che il paziente esegua la terapia consigliata, che non è rappresentata solo dall’utilizzo dei farmaci prescritti ma anche da un adeguato stile di vita tenendo presente che, se si tratta di patologia aterosclerotica, questa interessa tutti i distretti vascolari (cuore, cervello, reni, arti) ed ha alta potenzialità evolutiva, per cui necessita di controlli periodici.
– È opportuno che il paziente esegua nel tempo periodici controlli dell’intervento, secondo modalità e frequenza indicata dallo specialista.
– Il paziente può condurre una vita normale sia lavorativa, sia di relazioni sociali che di attività fisica compatibilmente con l’età e le eventuali malattie associate.
b) trattamento endovascolare: avviene attraverso il posizionamento, sotto controllo di apparecchiature radiologiche, di una endoprotesi all’interno dell’aorta che viene introdotta attraverso le arterie femorali o le arterie iliache, mediante piccoli tagli all’inguine o sulla parte bassa dell’addome. Raramente a seguito dell’intervento possono essere necessarie trasfusioni e/o ricovero in terapia intensiva.
Il trattamento endovascolare è sicuramente meno traumatizzante per il paziente della chirurgia tradizionale e risulta vantaggioso, in quanto riduce la severità dell’intervento chirurgico ed i rischi connessi con l’apertura dell’addome e favorisce una più rapida degenza. ma non può essere sempre eseguito perché richiede alcune caratteristiche di forma dell’aneurisma e dei vasi vicini sui cui la protesi deve essere ancorata o fissata e dei vasi utilizzati per introdurre la protesi.
Tale trattamento è gravato da una mortalità inferiore a quella del trattamento in chirurgia aperta, anche se questa non è stata ancora esattamente quantificata, ma aumenta proporzionalmente con l’aumentare dei fattori di rischio (età avanzata, compromissione degli apparati cardiaco, respiratorio, cerebrale, renale).
Essendo un trattamento di più recente utilizzo, non si conoscono con certezza le sue complicanze oltre i cinque anni dall’intervento, pur non significando ciò necessariamente una evoluzione sfavorevole.
DOPO L’INTERVENTO
-E’ indispensabile, al fine di prevenire tali complicanze, che il paziente si sottoponga a periodici controlli clinici, ecografici e radiologici decisi dallo specialista. In tal modo dai dati della letteratura è desumibile che il rischio di rottura è inferiore all’1% all’anno e nella maggior parte dei casi tali complicanze possono essere prevenute con trattamenti poco invasivi o in casi rari, con conversione in chirurgia aperta.
-E’ fondamentale che il paziente esegua la terapia consigliata, che non è rappresentata solo dall’utilizzo dei farmaci prescritti ma anche da un adeguato stile di vita tenendo presente che, se si tratta di patologia aterosclerotica, questa interessa tutti i distretti vascolari (cuore, cervello, reni, arti) con alta potenzialità evolutiva e pertanto necessita di controlli periodici.
-Il paziente può condurre una vita normale sia lavorativa sia di relazioni sociali sia di attività fisica compatibilmente con l’età ed eventuali malattie associate.